Maurizio Fioravanti

Maurizio Fioravanti

“Si avviarono attraverso muti silenzi per un sentiero in salita, ripido, buio, immerso in una fitta e fosca nebbia. E ormai non erano lontani dalla superficie, quando, nel timore che lei riscomparisse, e bramoso di rivederla, egli pieno d’amore si voltò. E subtio essa riscivolò indietro, e tendendo le braccia cerco’ convulsamente di aggrapparsi a lui e di essere riafferata, ma null’altro srtinse, infelice, che l’aria sfuggente.”
(Ovidio Metamorfosi x, vv55-59)

Orfeo non si fidò? Uno sguardo e la condanna discese sull’amata sposa a tornar nell’ade! Perchà si voltò? Cosa è che spinge l’Essere ad allontanare la cosa tenacemente cercata, amata e desiderata? Una volta raggiunta  solo questione di tempo; e non riuscire a controllarsi o una volontà espressa al fine della sofferenza e del male.!?
Analizzando il lavoro di Antonella Cappuccio ad un primo sguardo fugace si riconoscono le opere dei grandi maestri rinascimentali intenti nel narrare il viaggio e l’alchimia dell’anima tra intelletto e i sentimenti, in una sorta di caverna oscura che può essere paragonata al nostro cervello, un oggetto fisico-chimico dove si genera energia costante, capace di scintille più veloci del fulmine tra emozioni, ricordi, pensieri ed istinti. L’arte rinascimentale è il frutto di un lunghissimo lavoro di decodificazione del linguaggio dell’anima in immagini, emblemi, metafore, ed allegorie per poter parlare direttamente alla nostra anima senza censura delle facoltà logiche, culturali e sociali. E’ la volontà di poter abbracciare l’amata desiderata con cui poter parlare, camminare, godersi ogni singolo attimo della giornata nel giardino terrestre… ma all’improvviso un dubbio
“Chi ho tra le mani, sto portando fuori la mia tanto sospirata Euridice oh…. un mostro dell’inferno? voglio girarmi… aspetto… e se non è lei? Che fare? Potrebbe essere il serpente che mi inganna? Perchè fidarsi? Lo ha già fatto? Servirebbe forse un frutto… il frutto della conoscenza, il voler sapere a tutti i costi, un frutto che può darci la vista su tutto e tutti. Voltarsi e vedere, nonostante l’avvertimento di poter perdere definitivamente la felicità con l’amata. E’ questo allora il frutto che produciamo in noi stessi? La possibilità lucida e volitiva di farci del male, consapevoli delle conseguenze del nostro agire.
Antonella Cappuccio dall’inizio della sua carriera ha sempre lavorato su miti, archetipi, metafore, indagando costantemente sulla figura umana e suoi processi di trasformazione. Tale percorso ha fatto sì che in lei avvenisse un processo evolutivo della pulsione creativa portandola ad un’interiorità e ad uno sviluppo di linguaggio dell’anima creativa che ricerca nelle immagini, il mezzo per comporre simboli archetipi contemporanei che fanno innescare nello spettatore una trasformazione interiore verso coscienza e comprensione ed una maggior consapevolezza di sè.
Dopo anni di studi e sedimentazioni delle sue ricerche con opere di forte impatto iconografico, presenta tre lavori che non sono repliche ne tanto meno rivisitazioni, bensì vere e proprie opere racchiuse in un ciclo di disperato e doloroso interrogativo: e se oggi l’Uomo si voltasse come Orfeo cosa accadrebbe?
Nell’opera ‘Amore assente’ l’artista interpreta le due figure di Amor sacro e Amor profano con una assenza che nell’opera fanno da quinta alle scene truculenti scolpite sulla vasca tanto da ricordare soltanto gli aspetti biologici e psichici dell’essere umano senza via di scampo. Il sarcofago è completamente vuoto simbolo della dimensione subconscia dove si agitano i sogni dell’anima, non attira più la curiosità del ‘putto mercuriale’ dipinto da Tiziano.
Un dolore tanto forte da far tremare le prime gemme degli alberi al ritardo della primavera, e se questa non venisse più? Nell\’opera ‘Dopo la Primavera’ la Venere Humanitas simbolo dell’anima razionale in cui avviene spontaneamente il processo di trasformazione dei sentimenti morali nei valori etici e principi etici ci volge le spalle senza alcun accenno di voler tornare, lasciando così i due polmoni umani che si intravedono tra gli alberi senza lasciar passare’quel’Alito o Respiro’ Divino. Sembra lasciarci a noi stessi incapaci di evolverci rimanendo in quel torpore o sonno dell’anima che possiamo vedere nella terza opera ‘Spe salvi facti’ nel quale rimaniamo soli, in balia dei nostri istinti, con lo stesso sonno in cui cadde Adamo prima della nascita di Eva. Pittura, segni, miti sono forse come pietre, piante, in riva al fiume dove ancora la testa di Orfeo continua ancora oggi, sbalzata dalla corrente a narrare il suo dolore per Euridice…

 

Maurizio Fioravanti

2009, New Haven – USA. Museo dei Cavalieri di Colombo, mostra “Les Dieux et les Adieux”